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Existenz Minimum? Existenz Maximum!

Il cabanon di Le Corbusier a Cap Martin

Il Cabanon è arrivato a Cap Martin dal mare nell’estate del 1952, su una nave proveniente dalla Corsica, dove tutte le sue parti interne erano state realizzate nel laboratorio di falegnameria di Charles Barberis, un italiano fuggito ad Ajaccio nel 1930. E’ tornato nei luoghi in cui pochi mesi prima, il 30 dicembre 1951, era stato pensato e rapidamente disegnato, in appena 45 minuti, durante uno spuntino a un tavolo dell’Etoile de Mer, il piccolo ristorante che Le Corbusier aveva imparato ad apprezzare frequentando la vicina Villa di Eileen Gray, al tempo della collaborazione con Sért per la realizzazione del piano di Bogotà.

“A un uomo in vacanza non serve molto più di un letto, servizi, un tetto e la vista del sole che risplende sul mare”, perciò il regalo di compleanno per la moglie Ivonne non è altro che una piccola “capanna” quadrata in pianta 3,66 x 3,66 m (se si esclude il corridoio di accesso che la collega all’Etoile de Mer, cui il Cabanon è adiacente), alta 2,26 m, interamente in legno di quercia all’interno e rivestita in legno di pino all’esterno.

Apparentemente una semplice capanna nel bosco, che corona un sogno quasi infantile, in realtà un progetto “très difficile (satisfaction de l’esprit)”, come aveva scritto alla fine degli anni ‘20 accanto allo schizzo delle “Quattro composizioni” che si riferiva alla villa a Garches.

Come la villa Stein, anche il Cabanon si basa sulla dicotomia tra l’involucro e l’interno, tra un esterno grezzo, quasi selvatico (probabilmente legato ai viaggi in India e agli studi sull’abitazione del peone, che stava portando avanti in quel periodo), e un interno caldo e accogliente: un piccolo gioiello introverso, uno spazio complesso racchiuso all’interno del perimetro di un parallelepipedo il più possibile anonimo. Un esterno che si fonde con la grande scala del paesaggio del Mediterraneo, e un interno minimo e accogliente, concepito come una sorta di piccola barca, dove ogni elemento è ridotto al massimo dell’essenzialità, e risponde al rigore geometrico e alla precisione delle proporzioni tra le parti.

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In diversi disegni è evidenziata la possibilità, per chi abita, di arrivare facilmente a utilizzare i diversi elementi di arredo, che spesso hanno una duplice funzione: il letto nasconde i cassetti e uno sgabello girato (in realtà una cassetta di whisky) serve da scala per il soffitto che funge da ripostiglio; il lavandino serve a separare due ambienti, lo scuro della finestra è anche decoro e specchio.
Non a caso l’interno è da subito pensato in legno, per garantire la massima precisione in fase realizzativa.

Il Cabanon era stato concepito rapidamente, ma sviluppato con la massima attenzione e precisione nei minimi dettagli, con l’intenzione di realizzare un prototipo di “machine à habiter” che potesse essere utilizzato per futuri progetti. Per questo Le Corbusier aveva voluto la collaborazione, tra gli altri, di André Wogensky, del già citato Barberis e di Jean Prouvé (due esperti di produzione industriale e prefabbricazione). A quest’ultimo, in particolare, era stato richiesto lo studio dei sistemi di chiusura delle finestre e della prefabbricazione della scocca esterna, che avrebbe dovuto contenere il nucleo in legno. Alla fine le soluzioni di Prouvé non furono utilizzate e si concentrò l’attenzione principalmente sul sistema di proporzioni, attraverso cui lo spazio interno è costruito, il sofisticato schema compositivo che detta la precisione delle relazioni geometriche tra le parti, suddividendo la pianta in quattro parti uguali intorno a un nucleo vuoto centrale.

Staticità e dinamicità sono qui placate in un’unica soluzione in cui gli elementi di arredo sono definitivamente affrancati dal loro uso, strettamente funzionale, e utilizzati come elementi che partecipano alla costruzione dello spazio. Tutte operazioni che rendono evidente come l’interno del Cabanon sia in realtà una profonda riflessione sulla forma e sulle potenzialità della composizione dello spazio, da cui poter nuovamente affermare che “La poésie est un phénomène d’une exactitude rigoureuse”.

Architettura

Le Corbusier

Fotografie

Fondation Le Corbusier Paris